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M O N U M E N T OE I LE C A L V A R I O




 

Manduria, città ricca di storia e di monumenti, pur essendo situata in provincia di Taranto, presenta una fortissima connotazione salentina che ancora oggi non tutti conoscono.
Il Calvario di Manduria è stato definito da molti come un museo al cielo aperto della maiolica di fine ‘600-‘800.
L’origine di questo monumento va ricercata nel 1839 quando, durante il periodo di Quaresima, cinque sacerdoti liguorini tennero prediche nei luoghi di culto della città.
Terminata la missione, i padri liguorini proposero, a ricordo di quel significativo evento religioso, l’impianto di cinque croci per la formazione di una Calvario del quale Manduria era ancora priva. Pertanto fu elevato, nei pressi dell’attuale piazza Vittorio Emanuele II (meglio conosciuta come Villa comunale), un monticello di pietre addossate e cosparse di terra, sul quale furono impiantate cinque grandi croci.
Col tempo, però, i mandurini si resero conto che il monumento era fin troppo spoglio per ciò che riguardava le rifiniture: per questo l’allora arciprete Marco Gatti incaricò Giuseppe Renato Greco di abbellire siffatto luogo.

Da quel momento in poi, e per oltre quarant’anni, il Greco non fece altro che ornare il Calvario, trasformato dalla sua creatività, in particolare da tutto ciò che conosceva dei Vangeli trasposto, però, in forma popolare.
Semplice il materiale utilizzato, che oggi, però, costituisce un’importante testimonianza della produzione ceramica di Manduria e di Laterza tra Cinquecento e Seicento.
Infatti Giuseppe Renato Greco, di casa in casa, raccoglieva vecchie stoviglie che poi utilizzava come tessere di mosaico per abbellire, con i colori invetriati delle maioliche, il monumento.
Gli studiosi, da un’analisi compiuta sul manufatto, hanno, però, scoperto che molti cocci utilizzati sono un prodotto della ceramica graffita mandurina del Cinquecento, che presenta colori verde e marroncino su fondo giallo; alla ceramica laertina del Seicento appartengono, invece, i ricchi pezzi che presentano un vivido colore turchese.

Non mancano, infine, elementi provenienti da Napoli e Faenza per un’opera che, finoa qualche tempo fa, era teatro della Passione Vivente e che oggi rappresenta una delle maggiori attrattive della città di Manduria.



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