CasaVacanze
Lillà
nnnnnnnnnnnnn... San Pietro in Bevagna (TA) |
|
|
Nell'area archeologica, immediatamente a Sud del convento di S. Antonio, sorge il monumento simbolo della città, il Fonte Pliniano. Risale certamente all'epoca messapica e si trova all'interno delle aree ove si sviluppa l'antico abitato a poca distanza dalle cerchia murarie. Prende nome da Plinio il Vecchio che, avendolo visitato direttamente oppure avendone ricevuta descrizione da altri, lo descrive nella "Historia Naturalis". Al tempo stesso, almeno a partire dal 1572 quando compare raffigurato sul frontespizio del "Librone Magno" delle famiglie di Casalnuovo, redatto dall'arciprete Lupo Donato Bruno, costituisce lo stemma cittadino. E' una grande caverna naturale di 18 metri di diametro e 8 metri di altezza, accessibile da una larga scala a due rampe, con 20 gradini, scavata nella roccia anticamente. Nel sommo della volta si apre un grande lucernario quadrato, parzialmente costituito da grandi blocchi posti in opera nel periodo messapico. Questo speco da cui filtra la luce che rischiara l'ipogeo, in superficie presenta un muro circolare di accurata fattura, rifacimento successivo di epoca imprecisata. Ma vi mette radice un mandorlo che la tradizione vuole esistente sin dall'antichità. |
All'interno
della grotta c'è una vasca pure cinta da un muro rotondo, fronteggiata
da un pozzetto quadrato, dove tutto ora scorre l'acqua del
fonte, della stessa sorgente
sotterranea narrata con stupore e meraviglia dallo stesso Plinio. L'autore
indica il fatto che quell'acqua, attinta per ogni uso di quantità
dai manduriani, non decresce mai di livello mantenendolo in ogni momento
costante. Indicando il fatto come particolarmente degno di nota, ma
il fenomeno in realtà avviene perché il pavimento della
caverna è posto a livello di falda, l'acqua filtra diffusamente
attraverso la roccia e conserva perenne livello. Plinio, se visitò
egli stesso "Fons mandurinus", forse ne avrà indirettamente
inteso trasmettere la forte suggestione di arcano e di magico. |
|
Ancora oggi il vasto ambiente in penombra lascia immaginare come aleggiante la presenza degli antichi messapi. Il Fonte Pliniano fu, nel passato (come simili grotte in vari centri antichi del Salento), quasi certamente adibito al culto di un Nume sconosciuto del Pantheon messapico, con tutta probabilità una divinità delle acque. Conserva d'altronde anche l'appellativo di "Scegnu", che alcuni ritengono derivante da "Genio", nume tutelare e benefico. Plinio, nel descrivere il Fonte di Manduria, commette l'apparente imprecisione di collocarlo non all'interno, ma nei pressi dell'antica città. Non mancano quindi scrittori locali dell'avviso che l'autore volesse riferirsi non a questo, ma a qualcun altro degli ipogei analoghi esistenti a Manduria stessa. Collocati per lo più a ridosso dei circuiti murari, grotte naturali oppure scavati nella roccia sotterranea dai messapi, munite allo stesso modo di scala di accesso e lucernario nell'ambiente che accoglieva la sorgente dell'acqua. In aggiunta al Fonte Pliniano se conoscono altri quattro, il primo verso Nord, fuori le Mura. Nel luogo un tempo noto come "Barcospina". Un altro di fronte alla stazione ferroviaria, visibile con difficoltà in quanto interrato all'epoca dei lavori di sterro per la costruzione della ferrovia medesima. L'altro in contrada "Campofreddo", pure quasi adiacente ai binari della ferrovia. L'ultimo infine che, nelle citazioni, appare di più rilevante interesse per il modo in cui si compone all'imbocco del Vico Corcioli, incorporato |
all'interno
della cappella della Misericordia; presenta una scala di gradini che
sispinge fino a più di 10 metri per immettersi in due piccoli
vani contigui, nel secondo
dei quali si assicura esistente la sorgente. Qui esisterebbe inoltre,
l'ingresso in un camminamento sotterraneo che si sostiene prolungarsi
per alcuni Km fuori Manduria. Riguardo la singolare struttura che, col
suo presunto percorso sotterraneo utile nei lunghi periodi di assedio,
originariamente essa era collocata nel fossato della cinta muraria messapica,
a ridosso di una porta della città antica, mensionata in alcuni
casi come "Porta Marina e di Nettuno". Recentemente nel recupero
di quest' ultima struttura ipogea a cominciato a occuparsi l'Archeo
Club di Manduria. Il Fonte Pliniano è tuttora uno dei simboli della città (è rappresentato anche nello stemma cittadino); di epoca quasi certamente messapica, venne descritto da Plinio il Vecchio (da cui successivamente prese il nome) nella sua Naturalis Historia. Si tratta di un pozzo posto all'interno di una grotta naturale di 18 metri di diametro e 8 metri di larghezza[8] raggiungibile scendendo 20 gradini scavati nella roccia. Sulla volta della grotta si apre un lucernario quadrato, una struttura cilindrica dalla quale spunta un albero di mandorlo (secondo la leggenda secolare) dalla quale penetra la luce necessaria ad illuminare l'ambiente. Dal pozzo e dalla vasca adiacente sgorga perennemente acqua proveniente da una falda acquifera sotterranea. Anticamente il Fonte Pliniano era adibito anche a luogo di culto di una divinità messapica. |
|
|
|
|
Seguici
anche su |
|
|